Io, Robot – di Isaac Asimov | La più famosa (e sopravvalutata) opera del Maestro della Fantascienza.

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  1. Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno.
  2. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla Prima Legge.
  3. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge.

I tre punti sopracitati rappresentano le tre famose leggi della robotica, scritte da Isaac Asimov e citate innumerevoli volte in quella che può essere definita come la sua opera più famosa, anche se (forse) non la qualitativamente migliore.  Indubbio è il ruolo fondamentale che ha avuto l’omonimo film con Will Smith (che tra l’altro è decisamente lontano dall’essere una sua versione cinematografica fedele) nel costruire questa popolarità intorno ad un romanzo che, in ogni caso, rimane uno delle colonne portanti di tutta la fatica letteraria del grande Isaac, e della fantascienza più in generale.

Più che un romanzo, “Io, Robot“ è una raccolta di racconti che l’autore scrisse durante gli anni ’40, ai primordi della sua carriera, con protagonisti i robot positronici, dando inizio al cosiddetto “Ciclo dei Robot”.

In realtà, nonostante i vari romanzi possano essere considerati dei veri e propri racconti indipendenti, sono tutti legati da un filo conduttore. Le varie storie ci vengono, infatti, raccontate tramite un’immaginaria intervista che un giornalista fa al personaggio cardine di Susan Calvin, robopsicologa della US Robots and Mechanical Men, la società produttrice dei robot positronici. Donna dal carattere e dall’aspetto poco piacevole, ma con una genialità tale da contribuire enormemente all’affermazione della presenza dei robot nella società della sua epoca. Integrazione che, come si evince dai racconti, ha comportato numerosi problemi tecnici ed etici che sono, alla fine, il vero filo logico di tutta la raccolta di racconti.

L’autore, nelle sue storie ha provato ad immaginare tutte le difficoltà ed i dubbi etici che sarebbero potuti sorgere dall’immissione nella società di robot capaci di rimpiazzare, quasi totalmente, l’uomo e la sua attività, e non solo da un punto di vista lavorativo. Nei vari racconti si assiste, infatti, ad una graduale affermazione di questa presenza robotica, nonché al suo miglioramento funzionale sotto ogni punto di vista, e soprattutto in quella che può essere considerata una caratteristica prettamente umana, l’emotività.

Gli ultimi due racconti, in modo particolare, ci si trova di fronte a dei robot che hanno raggiunto la completa capacità mentale ed emotiva di un qualsiasi essere umano, con la semplice (e non meno importante) eccezione di padronareggiare ambedue queste capacità in modo nettamente migliore, diventando un perfetto rimpiazzo sotto ogni punto di vista, e riuscendo senza difficoltà a diventare i governanti dello stesso pianeta. Governanti che, grazie alle tre leggi che li legano, riescono a trasformare la Terra in un luogo perfettamente vivibile per l’essere umano, che si ritrova ad essere completamente in balia delle matematiche decisioni di infallibili robot calcolatori.

E le velate riflessioni a cui prova a farci giungere l’autore, riguardano proprio questa 220px-Movie_poster_i_robotpossibile sostituzione dell’uomo con dei robot capaci di svolgere ogni nostra attività in modo più efficiente, e soprattutto liberi da tutti i difetti intrinseci della natura umana, come la corruzione, l’invidia, la voglia di potere, ed ogni altro aspetto della nostra mente emotiva che nei secoli ha portato il pianeta a infiniti, evitabili conflitti.

Al di là di questi aspetti, “Io, Robot” rappresenta un’opera che riesce a coinvolgerti dal primo all’ultimo racconto, premesso che si sia ben disposti verso l’argomento. Il mio preferito è senza ombra di dubbio “Meccanismo di fuga”, in cui ci viene raccontato di come la  US Robots and Mechanical Men sia riuscita a raggiungere il traguardo del viaggio nell’iperspazio, grazie ad un robot cervellone che ha permesso di costruire un’incredibile astronave con cui poter raggiungere distanze inimmaginabili. La particolarità è che, per raggiungere tali distanze, è richiesto il passaggio attraverso un’esperienza ai limiti del paranormale, in cui i due collaudatori dell’astronave si ritrovano per pochi istanti in un limbo simile alla morte, descritto da Isaac in modo estremamente singolare ed affascinante.

Insomma, un’opera con una fama che potrebbe risultare leggermente spropositata rispetto alla reale qualità della stessa, lenta e fin troppo articolata in certi passaggi, ma che di certo non delude per le intuizioni e le riflessioni che l’autore ci regala, riuscendo a descriverci in modo realistico (anche troppo!) gli innumerevoli risvolti, negativi e positivi, dell’introduzione robotica in una possibile società futura, non troppo lontana dalla nostra odierna di quanto fosse la sua all’epoca.

Perfetto punto di inizio per chi volesse avvicinarsi ad uno dei più grandi autori della fantascienza di tutti i tempi, ma un po’ lontano (a mio modesto parere) dall’essere un capolavoro assoluto della letteratura come troppo spesso viene definito.

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